Montanelli by Paolo Di Paolo

Montanelli by Paolo Di Paolo

autore:Paolo Di Paolo [Di Paolo, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2021-06-21T12:00:00+00:00


1971

Le sigarette, l’Olivetti Lettera 22, i natali toscani. Indro e «la signorina Fallaci» – i due più grandi solisti del giornalismo italiano – avevano in comune anche una scorza ruvida e un talento fuori misura. All’anagrafe, vent’anni di differenza: Montanelli era del 1909, Fallaci del ’29. Lui, nel ’76, rispondendo a un lettore del «Giornale» riguardo a una dichiarazione di Oriana, la rimprovera come un padre burbero e la chiama così: «la signorina Fallaci», con una punta di acidità che viene da lontano. Cinque anni prima – agosto 1971 – erano stati sul punto di scrivere un volume a quattro mani, ma il progetto naufragò. Questo libro mai nato rischiava d’essere un capolavoro: provate a immaginare due penne simili – così sopra la media di chiunque scriva oggi, così brillanti, così feroci e libere – nello stesso spazio editoriale. Montanelli amava le corrispondenze: gli piaceva il tono amichevole ma franco delle lettere. Lo dimostrano le sue tante rubriche di posta (chiuse «La stanza» sul «Corriere» due settimane prima di morire), il suo fitto epistolario privato e il progetto di un carteggio pubblico con un collega premio Pulitzer, Edmund Stevens. Come quello con Stevens, anche lo scambio con Fallaci sarebbe avvenuto da sponde lontane: Indro fra Milano e Roma, Oriana da New York.

«Niente schemi rigidi, niente cattedre da una parte o dall’altra» precisa lei scrivendo alla moglie di Indro, Colette Rosselli, il 7 agosto 1971. Una curiosa lettera, in cui l’Oriana racconta a Colette di avere tardato a iniziare il lavoro per una serie di ragioni – una febbre tropicale presa durante un servizio in Asia, la malattia della madre e dello zio Bruno, ma anche per «una comprensibile paura, una comprensibile timidezza che un po’ per volta mi aveva invaso». La grande intervistatrice dei potenti della Terra intimidita da un collega? Come spiega Cristina De Stefano nella sua biografia, Oriana. Una donna, Fallaci ammira Montanelli fin da ragazzina, e Indro stesso ricorderà di averla conosciuta nemmeno ventenne: «Da quest’aggeggino, mi dissi, c’è da aspettarsi di tutto, anche del talento. E mai l’ho azzeccata così giusta». Le riconosce l’«occhio buono» e «la lingua a punta». Almeno finché non litigano.

L’idea del libro a quattro mani sembra a entrambi bella ma complicata. Oriana è convinta che bisognerà procedere a ruota libera, parlando di tutto: dell’Italia, dell’America, ma anche «di noi stessi ogni tanto». Nel vasto archivio Fallaci, De Stefano ha ritrovato, fra le tracce di questo progetto, una lettera a Pietro Nenni, in cui Oriana parla del libro «che sto tentando di scrivere con Montanelli, a colpi di rivoltella e di spada (magari di forcone, come si usa in Toscana)». Parole che sono già un presagio di burrasca. Eppure, sulle prime sembra che tutto fili liscio: in una domenica di sole newyorchese, Oriana si mette al tavolo, ancora in pigiama, e comincia a scrivere. Si aspetta che già alla seconda lettera Indro la provochi: io so rispondere, polemizzare, dice. L’occasione non si fa attendere: quando cominciano a discutere sul fascismo e sulla Resistenza, il tono di Montanelli si fa subito risentito.



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